PLOZ (Paolo Faetanini) è un’artista, scrittore, musicista dalle origini 100% romagnole.
Lo scorso 21 Maggio ha lanciato il suo disco “Te Mez Dlà Nota”, ispirato all’omonimo libro, e per quest’occasione abbiamo deciso di intervistarlo!
Chi è Paolo Faetanini e chi è Ploz?
Diciamo che sono le stesse persone ma con caratteristiche diverse. Una specie di Dottor Jekyll e Mister Hide.
La notte il mio alter ego prende il sopravvento e inizia a scrivere. Tutto inizia nel luglio del 2012 quando nasce Emma la mia primogenita.
Come racconto in una mia poesia sul Natale:
“Am so puzè sora i spòigli
dlà nota in biènc.
Disdòi tla’ saèla,
i pansir i ciapa e vòul disurdinèd dal farfali te bosch “
Mi sono appoggiato sopra gli spigoli della notte in bianco. A sedere nella sala, i pensieri prendono il volo disordinato delle farfalle nel bosco.
Da dove nasce il nome Ploz?
Il nome PlOZ è un soprannome che mi hanno dato gli amici quando ero bambino.
Il PlOZ in dialetto sarebbe il fiore del dente di leone per intenderci quello che si soffia per esprimere un desiderio oppure i piumini dei pioppi che riempiono intere vallate.
Il motivo non lo ricordo ma mi è sempre piaciuto pensare di essere un po’ come quei fiori che volano via con un soffio di vento.
Parlaci un po’ del tuo nuovo album Te mez dlà nota
L’album “Te mez dlà nota” riprende le poesie e i racconti del libro medesimo, scritto in dialetto romagnolo. Spazia tra canzoni in italiano, altre con il ritornello dialettale, per arrivare a canzoni interamente in vernacolo. Dicono del dialetto che non abbia raggiunto o che abbia perduto autonomia e prestigio… Il mio pensiero è che invece bisognerebbe tramandare queste parole, fatte di lavoro manuale, di fatica tra i campi, di collera e amore.
Hai qualche aneddoto da raccontarci riguardo la scrittura dell’album?
A dire la verità c’è una cosa che mi è sembrata abbastanza anomala:
Era notte, stavo arrangiando le parole di una poesia sulla melodia della canzone…c’era vento quella notte e tutto ad un tratto sento sbattere molto violentemente la tapparella della sala, un rumore strano, preso dalla curiosità mi sono affacciato alla finestra e all’improvviso ho visto sul terrazzo un fagiano, un fagiano maschio, su un terrazzo in piena notte a Bellaria è una cosa abbastanza strana, mi ha guardato per qualche secondo e io guardavo lui, non era spaventato, all’improvviso si è rialzato in volo e se ne andato.
Io l’ho preso come un segno, mi ha convinto ancora di più nel lavoro che stavo facendo.
Una cosa che vorresti dire ai tuoi fan?
Vorrei dirgli che siamo veramente quello che lasciamo agli altri, di continuare nei programmi e nei progetti anche se faticosi.
Perché qualcuno che apprezzerà il tuo lavoro ci sarà e ti ringrazierà per quello che hai fatto.
“Ci sono quelli che credono che il dialetto sia una lingua morta anche se fa parte di noi, della nostra cultura, della nostra storia in ogni momento della giornata.
Oppure quelli che credono che vada usata solo in determinate circostanze solo quando si dicono parolacce o barzellette.
Io invece credo si possa fare anche della buona musica… Ho voluto mescolare la voce della mia terra, dove sono nato con quella della lingua nazionale.
Un progetto coraggioso e ambizioso per fare capire quanto vale la lingua tramandata dai nostri padri.” -Ploz
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